Thursday, October 30, 2008

Alberto Zanchetta

Non c’è dubbio: l’arte contemporanea soffre di un disturbo bipolare! O sono gli artisti ad accusare i sintomi di un’incipiente schizofrenia? E se nella patologia venisse coinvolto anche il pubblico? E perché no, tutti gli operatori culturali? Si creerebbe una psicosi di massa? Da questa disgregazione della personalità emerge una “figura” [clinica]; “figura” dissociata che si cambia l’indentità come ci si cambierebbe d’abito. Le basterebbe indossare una t-shirt (camouflage) il cui valore nominale è in errore rispetto all’identità della “figura” e al nome che si è pronti a darle (rapporto di non-equivalenza). Cogito ergo sum, io penso quindi sono. Il pensare implica un libero arbitrio, quindi la facoltà di scelta: scegliere di dire e di [rap]presentarsi al pubblico. Cogito ergo me videre è invece ciò su cui rimugina lo spettatore: pensare -di vedere- senza credere -a ciò che si è visto- perché ogni atto di visione è un giudizio intellettuale.
Penso come Alberto Zanchetta ma mi vedo come Sabine Delafon [?]

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